Come un angelo nel vuoto

Un rapimento in diretta: il caso di Linda Cortile, investigato a lungo da Budd Hopkins, ricostruito passo passo.

a cura di Pier Luigi Sani

 

Personalmente ho sempre nutrito seri dubbi sulla valenza ufologica dei cosiddetti "UFO-abductions". Con tale espressione inglese, ormai entrata nel linguaggio ufologico internazionale, si intendono i presunti sequestri, o rapimenti, di esseri umani da parte degli UFO. I miei dubbi si fondano sul presupposto, o se si preferisce sul preconcetto, che il fenomeno "abductions", esploso negli anni 70 e divenuto popolare negli 80 con la pubblicazione dei libri di W. Strieber (1), non abbia alcuna realtà oggettiva e riguardi non tanto l'ufologia quanto la psicologia o la sociologia. In effetti i "rapiti", le cui pretese esperienze emergono di norma sotto regressione ipnotica, non hanno mai fornito prove decisive delle loro storie, e nei pochi casi in cui sono state invocate testimonianze di supporto, queste sono sempre risultate vaghe e dovute a familiari o amici, quindi non propriamente qualificabili come spassionate o indipendenti.

Insomma, l'ipotesi che gli UFO-abductions possano essere nulla più che una manifestazione paranoicale, tipicamente americana, mi è sempre sembrata ragionevolmente sostenibile.

Ma ecco che di recente è emerso un caso suscettibile da indurmi ad un ripensamento. A New York, il 30 novembre 1989, un’abduction sarebbe stata osservata "in diretta" da vari testimoni indipendenti e altamente qualificati.

L'episodio è stato reso noto per la prima volta da Bud Hopkins, uno dei più famosi studiosi americani della materia (2), al Congresso Annuale del MUFON tenutosi ad Albuquerque, nel Nuovo Messico, dal 10 al 12 luglio 1992.

Nell'occasione, Hopkins ha anche presentato la protagonista del "rapimento" la signora Linda Cortile. Sul "Mufon UFO Journal" di settembre 1992 lo stesso Hopkins ha pubblicato un primo articolo sul fatto, fornendo una quantità di particolari impressionanti, ma riservandosi di riferirne altri al momento opportuno. Già da quanto rivelato, tuttavia, appare lecito convenire con l'autore che il caso di Linda Cortile, confermato finora da 7 testimoni indipendenti, si presenta come "l'abduction del secolo". Naturalmente un giudizio definitivo sarebbe prematuro. L'episodio potrebbe ammettere infatti, sia pure a livello speculativo, interpretazioni diverse da quelle che sembrano implicite nella vicenda, la quale, se accettata a valore facciale, costituirebbe la prova decisiva non solo della realtà oggettiva delle "abductions", ma anche della loro genesi aliena. Ne riparlerò in sede di commento, dopo aver esposto in riassunto il contenuto del predetto articolo di Hopkins.

L'abduction di Linda Cortile

Linda Cortile risiede a Manhattan, New York, ed è sposata con due figli.Nell'aprile del 1989 si era messa in contatto con Bud Hopkins perché sospettava di aver subito esperienze di abduction; ciò che risultò confermato in una serie di sedute di ipnosi regressiva: le esperienze si erano verificate quando lei era adolescente e durante i suoi venti anni, poi non più. Ma la sera del 30 novembre 1989 - racconta Hopkins - Linda lo chiamò. Era sconvolta: poche ore prima, durante la notte, aveva subito un'altra esperienza. La sera precedente si era messa a lavare e stirare, mentre il marito e i bambini erano andati a dormire. Il lavoro domestico si era protratto a lungo, e quando lei era andata a letto erano passate da poco le tre antimeridiane (del 30 novembre).

Dopo pochi minuti cominciò a percepire un senso di intorpidimento che dai piedi si stava estendendo al resto del corpo, e avvertì nel contempo una presenza estranea nella camera. Impaurita, cercò di svegliare il marito, che però rimase stranamente insensibile. Allora scorse tre piccoli esseri macrocefali, con enormi occhi neri, che si avvicinavano al letto. Linda, le cui braccia erano intorpidite ma non immobilizzate, afferrò un grosso cuscino ornamentale e lo scagliò contro gli intrusi.

Di colpo si ritrovò completamente paralizzata. "Li ho fatti arrabbiare - pensò atterrita - ed ora prenderanno i miei bambini!" Cosa fosse successo dopo non era più in grado di precisarlo: la sua memoria risultava confusa, frammentaria. Ricordava vagamente di essere seduta su un tavolo mentre qualcosa, piccole mani o strumenti, le percuotevano delicatamente la spina dorsale; e rammentava anche una sorta di "tessuto bianco" che saliva verso i suoi occhi e poi ricadeva. Hopkins cercò di calmarla per quanto fosse possibile al telefono, e le fissò un incontro da lì a tre giorni per sottoporla a ipnosi regressiva. Nella seduta, Linda ricordò tre o quattro piccole figure umanoidi che si avvicinavano al letto, la portavano nel soggiorno e da lì all'esterno, attraverso una finestra "chiusa" entro un raggio di luce bianco-bluastra. La donna si rivedeva in posizione verticale sospesa nel vuoto all'altezza del 12° piano (dove si trovava il suo appartamento). Fluttuò verso l'alto ed entrò, passando per un’apertura circolare, in un grande oggetto librato sopra l'edificio. Il resto dell'esperienza risultava quella tipica degli "abductions": distesa su una tavola, era stata esaminata da piccoli esseri alieni che tra l'altro le avevano esplorato la spina dorsale percuotendola lievemente su e giù. Il ritorno era stato scioccante. Si sentì calata nel suo letto da un'altezza di circa mezzo metro. Subito dopo cercò di svegliare il marito ma egli era come morto. Temendo il peggio, corse verso la camera dei bambini, che trovò anch'essi totalmente insensibili. "Hanno ucciso la mia famiglia! "pensò angosciata. Cercando di ragionare, prese uno specchietto e lo mise sotto il naso di uno dei ragazzi. Lo specchio si appannò, grazie a Dio, il figlio viveva. All'improvviso, l'altro bambino si mosse e cominciò a respirare in maniera avvertibile, e subito dopo dalla camera matrimoniale giunse il rumore, gradito nell'occasione, del marito che russava. Tutti i membri della famiglia erano tornati a dormire normalmente nello stesso istante.

Linda confessò a Hopkins di provare un senso di vergogna, in quanto riteneva di essersi trovata nuda nel momento in cui fluttuava, entro il raggio di luce bianco-bluastra, fuori di casa a 40 metri di altezza. Suppose che il "tessuto bianco", visto sollevarsi e poi ricadere davanti agli occhi, potesse essere stata la sua lunga camicia da notte svolazzante nell'aria.

La testimonianza di due poliziotti.

Ai primi di febbraio del 1991, cioè 15 mesi dopo il rapimento di Linda, Hopkins ricevette semplicemente una lettera battuta a macchina e firmata "Robert e Dan", senza cognomi né indirizzi. Gli scriventi erano due agenti di polizia che, dopo lunghe esitazioni, si erano decisi a riferire un fatto straordinario cui avevano assistito alla fine di novembre 1989, fra le 3 e le 3.30 antimeridiane. Quella notte erano in servizio e si trovavano nella loro auto, fermi sotto la FDR Drive (una strada sopraelevata) a Manhattan, vicino al ponte di Brooklin. All'improvviso scorsero attraverso il parabrezza uno strano oggetto ovale, luminoso, librato sopra un edificio a due o tre isolati di distanza da loro. Le sue luci variavano dall'arancio rossastro al blu-biancastro, e scaturivano dalla parte inferiore. L'oggetto si abbassò fino alla finestra di un appartamento del 12° piano. I due agenti afferrarono i binocoli: quello che videro di lì a poco fu uno spettacolo impressionante: dalla finestra del palazzo uscì una figura femminile indossante una lunga camicia da notte bianca; la donna fluttuava come un angelo nel vuoto, entro un brillante raggio di luce blu-biancastro, scortata da tre piccole creature umanoidi, una sopra e due sotto di lei, verso il grande oggetto ovale. Vi entrarono. Subito dopo l'oggetto si mosse nella direzione in cui stazionavano i due poliziotti, sorvolò rapidamente la FDR Drive e si immerse nel fiume (East River), dietro il ponte di Brooklin. Non riemerse più, almeno durante i 45 minuti in cui i due agenti rimasero sul posto. Essi avrebbero voluto aspettare ancora, ma dovettero ripartire per ragioni di servizio. Rimase loro, oltre ad una comprensibile paura, un forte senso di colpa per non essere stati in grado di soccorrere quella povera donna. Ora dopo tanti mesi, avevano deciso di ricercarla (ricordavano bene il palazzo e la finestra da cui era uscita), nella speranza di trovarla viva e in buona salute. Se e quando ciò fosse avvenuto, avrebbero scritto nuovamente a Hopkins. Per il momento preferivano restare assolutamente anonimi, data la loro delicata professione.

Lo stupore di Hopkins alla lettura della lettera fu enorme. Comprese subito che Robert e Dan avevano assistito all'abduction di Linda Cortile. Tutto coincideva: data, ora, ubicazione dell'edificio, colore della camicia da notte, raggio di luce, oggetto volante. Lo studioso telefonò a Linda e la fece venire nel suo studio. La reazione della donna davanti alla lettera fu di grande angoscia. So per esperienza, dice Hopkins, che nessun "rapito" desidera nel suo intimo acquisire la certezza che l'esperienza vissuta è proprio vera.

Alcune settimane dopo Linda telefonò di nuovo a Hopkins per riferirgli che Richard e Dan, come preannunciato nella loro lettera, erano andati a trovarla. L'incontro era stato commovente. Dan si era buttato a sedere su un divano prendendosi la testa fra le mani e dicendo: "Mio Dio, è proprio lei!". Richard, con gli occhi umidi di pianto, l'aveva abbracciata, felice e sollevato nel vederla viva e in buona salute. Entrambi erano rimasti sorpresi nell'apprendere che lei li aspettava e che collaborava con Hopkins. Vollero affacciarsi alla "finestra del rapimento" per localizzare, da lì, il punto in cui stava la loro auto quella fatidica notte. Chiesero a Linda di raccontare tutto quanto ricordava del rapimento, ma lei si rifiutò, obbedendo al consiglio di Hopkins, il quale desiderava interrogare tutti gli eventuali testimoni senza che questi avessero parlato in precedenza con la protagonista. Richard e Dan dissero tuttavia che non si sarebbero lasciati intervistare, dato che la loro reputazione professionale sarebbe rimasta danneggiata se i loro nomi fossero stati pubblicamente coinvolti in una storia di UFO.

Successivamente scrissero ancora a Hopkins: tre volte Dan e sette Richard.

Quest'ultimo inviò anche un'audiocassetta. Nella sua prima lettera, Dan spiegò quale era il motivo principale del loro desiderio di anonimato: la notte dell'avvistamento non erano soli nell'auto: con loro c'era anche un importante uomo politico che stavano scortando verso l'eliporto della città. Al momento dell'osservazione i motori e i fari dell'auto si spensero inspiegabilmente, e la radio e il telefono di bordo avevano smesso di funzionare. L'auto era stata allora spinta verso la sopraelevata FDR Drive, in posizione più riparata e sicura. Da lì essi e l'uomo politico avevano assistito all'abduction.(3)

Nell'audiocassetta inviata a Hopkins, Richard ripeteva il racconto dei fatti del 30 novembre 1989 fornendo nuovi particolari. Affermava tra l'altro che Linda e i tre "alieni", mentre uscivano dalla finestra nel raggio di luce, erano in "posizione fetale". Linda non era nuda, come lei aveva temuto, ma la sua camicia da notte svolazzava.

Il particolare della "posizione fetale" non è stato confermato dalla "rapita". Secondo Hopkins questa contraddizione si spiega ammettendo che Linda fosse effettivamente rannicchiata (come sarà ribadito, vedremo, da un'altra testimonianza) e ne abbia perduto il ricordo a causa dello stato alterato di coscienza in cui si trovava al momento. Del resto, aggiunge lo studioso, il "tessuto bianco" che la donna vide sollevarsi (e poi abbassarsi) davanti agli occhi doveva essere la sua stessa camicia da notte: le ginocchia piegate all'insù (in posizione fetale, appunto) e coperti dalla camicia bianca dovettero dare l'impressione di uno "schermo bianco" sollevato davanti alla faccia.

Altre testimonianze

Nell'autunno 1991 si fece avanti un altro testimone indipendente: una donna che aveva assistito alla scena del rapimento dal ponte di Brooklin.

Negli incontri con Hopkins, essa raccontò che mentre percorreva il ponte in auto, il motore e i fari si erano spenti. Anche le luci di illuminazione del ponte si spensero. Il racconto dell'abduction ricalcava quello dei due agenti di polizia, compreso il particolare della "posizione fetale", peraltro descritto in maniera diversa. "Erano tutti arrotolati quando uscirono dalla finestra". Sebbene la scena del rapimento non durasse più di un minuto, è certo che altri testimoni, oltre quelli citati, vi abbiano assistito. Sia i due agenti che la donna del ponte lo hanno confermato. Hopkins dichiara di aver intervistato finora sette persone. Una di queste, una donna, non vide l'abduction, ma ha raccontato di aver osservato, quella sera, a quell'ora e in quella zona, un oggetto arancio-rossastro nel cielo. Io mi aspetto, dice Hopkins, che altri si facciano avanti; ed è proprio per questo, aggiunge, che tengo ancora segreti certi dettagli del caso: devo essere infatti in grado di controllare l'affidabilità di chiunque, in futuro, dovesse decidersi a testimoniare.

Il caso Cortile, conclude Hopkins, è eccezionale soprattutto per la qualità e la quantità dei testimoni indipendenti. L'evidenza a favore della realtà dei fatti, egli afferma, è straordinariamente ricca e svariata: comprende lettere, dichiarazioni registrate, disegni, relazioni verbali, videocassette. E' stato compiuto un lavoro enorme di indagine e di controllo, con l'aiuto di un ufficiale di polizia e con la consulenza di due psichiatri e psicologi, i quali hanno potuto seguire e studiare le reazioni emotive dei vari soggetti implicati nella vicenda (si è constatato che l'agente Dan ha subito un vero e proprio tracollo psicologico).

E' fondamentale, sottolinea Hopkins, la presenza (nell'auto dei due poliziotti) dell'importante personaggio politico. Pur non rivelandone il nome, Hopkins ci fa capire di averci parlato. Arriva anzi a dire che forse la scena del rapimento sia stata rappresentata proprio per lui, per dimostrare cioè a "uno che conta" quali sono le intenzioni e le potenzialità degli "alieni". Non posso per ora fornire la prova di tale supposizione, dice Hopkins, ma affermo che la prova esiste e che essa porta inevitabilmente ad una conclusione del genere. Non sappiamo - è sempre Hopkins che parla - quanti altri testimoni abbiano assistito allo "spettacolo". E’ possibile che ad alcuni, come a Dan, a Richard e alla donna del ponte di Brooklin, sia stato "concesso" di ricordare (a sostegno della testimonianza dell'uomo politico), e che invece ad altri non lo sia stato. Solo col tempo sarà possibile aggiungere altri elementi a questa spinosa questione.

 

Commento

E' chiaro che se tutto quanto riferisce Hopkins fosse vero e venisse provato, ci troveremmo di fronte ad un evento di portata incalcolabile: alla dimostrazione, cioè, che le abductions sono oggettivamente reali, e che degli esseri "alieni" sono qui, ora, e stanno interferendo con alcuni esseri umani. Dobbiamo tuttavia prudentemente riservarci il giudizio. Quello che sappiamo è solo ciò che dicono Hopkins e la signora Linda Cortile. Tutti gli altri presunti testimoni restano per noi tuttora anonimi, né possiamo verificare il materiale documentario raccolto. Non intendo, beninteso, mettere in dubbio la buona fede dello studioso americano; ma non posso non considerare l'eventualità che, anche se i testimoni invocati da Hopkins, e in particolare l'uomo politico, esistono veramente, l'abduction di Linda Cortile possa essere fittizia. La stessa Cortile, per esempio, potrebbe costituire, consapevolmente o no, la pedina di un'operazione di discredito ufologico o di un esperimento psicologico su vasta scala; e così pure il presunto uomo politico, i due agenti di polizia, e gli altri testimoni incontrati da Hopkins. Insomma, una "messa in scena" ci sarebbe stata, ma non da parte di "alieni" (4) desiderosi di ostentare i loro poteri ad un personaggio importante. I precedenti dell'affare "Ummo", della "orribile verità" di John Lear, delle sensazionali rivelazioni di gente come W. English, W. Cooper, Bob Lazar e altri (5) devono farci riflettere. Qualcuno in alto loco (ma di stirpe prosaicamente terrestre) potrebbe aver interesse, per fini che attualmente ci sfuggono, a diffondere il mito degli "alieni aggressivi operanti sulla Terra".

C'è, nel caso di Linda Cortile, un particolare che mi preme far notare per la sua evidente assurdità: il passaggio della "rapita" e degli umanoidi attraverso una finestra..."chiusa"! Forse qui si è preteso troppo dalla nostra disponibilità a credere, anche se, naturalmente, non abbiamo alcun diritto di porre dei limiti al "possibile". Non ci resta che attendere che Hopkins completi la sua indagine e pubblichi tutto quanto avrà saputo e verificato. Il caso di Linda Cortile merita comunque attenzione: potrebbe essere solo una grossa montatura, ma anche rivelarsi davvero, chissà, l'abduction del secolo!

 

 

Fonti: Mufon UFO Journal, agosto 1992, pag.- Mufon UFO Journal, settembre 1992, pp. 12-16.

Note

1) tradotti anche in italiano dall'ditore Rizzoli: "Communion" (1988) e "Contatto con l'infinito" (1990).

2) Uno dei suoi libri è stato tradotto in italiano: "Intrusi", Armenia, Milano, 1988.

3) Anche se Hopkins non lo dice nel suo articolo, si deve presumere che l'auto abbia ripreso a funzionare regolarmente dopo la partenza dell'oggetto volante.

4) Cfr. GdM 252

5)Per "Ummo" cfr. GdM 245; per John Lear ecc., vedasi GdM, pp. 56-57

Torna indietro